mercoledì 21 aprile 2010

Il profeta/rece

Non è proprio una rece e arriva tardi, però non volevo perderla in giro, e poi il film si può sempre recuperare, tra i migliori dell'anno.

Gyorgy Lukacs ha inquadrato cento anni fa il romanzo di formazione ottocentesco nella parola Bildungsroman, il romanzo del divenire, una forma che ha segnato la letteratura dell'ottocento (Stendhal, Flaubert, Dickens, in italia Nievo) per poi crollare significativamente (nelle sue forme alte, in forme più banali arriva ancora a noi) quando al senso epico/pedagogico del romanzo (epopea borgese, lo definì Lukacs) si è sostituito il valore introspettivo/psicanalitico (passaggio chiave tra ottocento e novecento, Joyce, Musil, Svevo...).

Ecco, tutta sta cosa perchè il film mi ha ricordato la costruzione ricca, pulita, piena di rimandi interni dei grandi Bildungsroman, appena uscita pensavo a Shakespeare ma è un riferimento superficiale (citazioni nette però, Riccardo III e Enrico V e facile il fantasma di Banquo che ognuno si tiene accanto al letto...e forse anche altro).

Anni fa avevo visto un altro film di Audiard, "Come mi batte forte il cuore" (più o meno), storia di un concertista con vocazione tardiva e di un amore privo di parole (con una cinese), ma non mi era piaciuto, lentissimo e rarefatto, il tipico anticinema francese che mi fa dormire.
Invece qui le immagini ti prendono dal primo istante, ti fanno rotolare dentro alla storia, si muovono, cinema come kinesis proprio come dovrebbe essere, e parlano, e parlano di fame.
Una specie di Attimo Fuggente ("Oh capitano mio capitano!") ma senza il miele, senza le grandi speranze e le grandi ambizioni e i buoni sentimenti, solo il core business del potere. Gran film.

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