venerdì 26 novembre 2010

Milano non è la verità



Il mio amico Luca B. ha scattato questa foto in una fermata ATM. Un ritratto meraviglioso.

Struscio
Zarri
Calciatori
Negri
Froci
Loft
Studenti dalla terronia
Avvocati falliti
Cocaina
Cattivi
Coltello
Depressione
Meridionali con le Hogan
Zanzare
Poliziotti corrotti
Dario Fo
Parrucchieri
Vuitton
BMW
Rolex
Industrialotti
Scambisti
Disastri aerei

giovedì 25 novembre 2010

Ed io non so chi va e chi resta

Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
desolata t'attende dalla sera
in cui v'entrò lo sciame dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.

Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all'avventura
e il calcolo dei dadi più non torna.
Tu non ricordi: altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s'addipana.

Ne tengo ancora un capo; ma s'allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell'oscurità.

Oh l'orizzonte in fuga, dove s'accende
rara la luce della petroliera!
Il varco è qui? (Ripullula il frangente
ancora sulla balza che scoscende...)
Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.

Eugenio Montale, Le occasioni

martedì 23 novembre 2010

Sciupare

Hai detto: per altre terre andrò, per altro mare.
Altra città, più amabile di questa, dove
ogni mio sforzo e’ votato al fallimento
dove il mio cuore come un morto sta sepolto
ci sarà pure. Fino a quando patirò questa mia inerzia?
Dei lunghi anni, se mi guardo intorno,
della mia vita consumata qui, non vedo
che nere macerie e solitudine e rovina.

Non troverai altro luogo, non troverai altro mare.
La città ti verra’ dietro. Andrai vagando
per le stesse strade. Invecchierai nello stesso quartiere.
Imbiancherai in queste stesse case. Sempre
farai capo a questa città. Altrove, non sperare,
non c’e’ nave, non c’e’ strada per te.
Perché sciupando la tua vita in questo angolo discreto
Tu l’hai sciupata su tutta la terra.

Konstantinos Petrou Kavafis

martedì 16 novembre 2010

Italia si Italia no la strage impunita....


Oggi pomeriggio i giudici della Corte d’Assise di Brescia hanno assolto tutti i cinque imputati al termine del processo per la strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974 (8 morti e oltre 100 feriti). L’assoluzione è intervenuta in base all’articolo 530 comma 2 assimilabile alla vecchia insufficienza di prove. Revocata la misura cautelare nei confronti dell’ex ordinovista Delfo Zorzi che vive in Giappone.

Aldo Plazzeschi, L'assolto:

Io sono “l’assolto”
miei cari signori,
e ora che sono fuori
guardatemi bene in viso:
ho ucciso?

“Assolto!”

È la mia professione,
che intendo bene di sfruttare
dal suo lato migliore.

“Assolto!”

Appena uscito
mi accorsi subito
qual era il miglior partito.
Fuggire?
Nascondersi agli occhi della gente?
Macchè!
Sottrarsi alla sconcezza
del dubbio ch’io rivesto?
Macché!
Rivestirlo dignitosamente
o con disinvoltura?
Macché! Niente, niente!
Esibirsi, senza misura,
generosamente.
Gli è perciò ch’io frequento le strade,
il passeggio, i teatri, il caffè,
come ogn’altr’uom non assolto:
certe volte mi diverto poco…
certe altre molto…
né piú né meno di lui o di te.
Si sa che color che incontrandomi
intrecciavan col mio bei sorrisi,
vedeste ora che visi…
che visi mi fanno!
E che voci sorprendo dai crocchi!
Vedeste che occhi!

- Un innocente si scolpa.
- E un farabutto lo stesso.
- Ha taciuto, ecco tutto.
- Ha taciuto come un innocente.
- Ha taciuto come un farabutto!
- E gli errori?
- Questi sono gli errori,
i delinquenti sono tutti fuori!

Entro per tempo in teatro,
prendo possesso della mia poltrona
con molto sussiego.
Mi volgo, mi chino, mi spiego;
mi lascio ammirar giro giro
con aria da Dio.
E se certi visi si spostano
resta inflessibile il mio.
Per i primi venti minuti
lo spettacolo lo do io.
“Bella che stai puntandomi
attraverso la lente
dell’occhialino,
dimmi, mio bel musino,
mi desideri innocente,
o mi desideri assassino?”
Un signore là indietro,
dai posti distinti,
macina lesto fra i denti:
“sul trono, sul trono i briganti!”
E un altro:
“guardate che ghigna stasera,
facciaccia da galera!”
Quando s’alza il sipario
divento anch’io
un umile spettatore,
come lui,
negli antratti ritorno un poco attore,
eppoi ancora spettatore
come te, come tutti gli altri.
E se dopo all’uscita qualcuno mi aspetta,
io esco pian pianino
senza nessuna fretta.
Poi vado al caffè.
Finché c’è gente sveglia nella città
resto a sua disposizione,
nessuno dev’essere defraudato
nella legittima curiosità,
sono un galantuomo
nella mia professione.
E non crediate ch’io sia tardivo
ad escir fuori al mattino, macché!
bisogna pensare che il mattiniero
ha gli stessi diritti
del nottambulo cittadino.

“Assolto!”
Può sembrar poco…
e può sembrar di molto.
Guardatemi bene in viso:
ho ucciso?

mercoledì 10 novembre 2010

Il vertice



Quello al centro vorrebbe chiudere il prima possibile con queste usanze antiche di rendere conto ai giornalisti.
Quello a destra se ne fotte di qualsiasi regola (e non mi riferisco al sigaro, ma al maglione peloso color nocciola, robe che circolano solo a Gemonio).
Uno fa ciò per cui è pagato, regge il posacenere.
Uno dorme.
Il giovane, dietro, impara come si fa.

(Conferenza stampa del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, accompagnato dal ministro Umberto Bossi, sull’alluvione in Veneto, prefettura di Vicenza. Foto da LaStampa, suggerimento da Il Post)

lunedì 8 novembre 2010

Sii bella, e stai zitta



Oggi il boxino morboso de LaStampa.it tocca vertici di approfondimento nell'analizzare il look "meno curato" di Amanda Knox in tribunale.

Quando c'è la notizia...

martedì 2 novembre 2010

Avevo davanti a me due strade: scelsi la meno raccomandata



Ieri La Stampa ha pubblicato un bell'articolo di Paolo Mastrolilli su Ted Sorensen, amico, consigliere, ghost writer di JFK e poi tante cose oltre.
Lo riporto tutto.
La Stampa nei giorni festivi e piovosi è un giornale favoloso.


E' morta la voce di John Kennedy. Anzi la sua ombra, il suo fantasma, la sua «banca del sangue intellettuale», come si divertiva a chiamarlo il re di Camelot. Perché Theodore Chaikin Sorensen, ucciso ieri a 82 anni da un ictus a New York, era molto più che la penna dei discorsi di Kennedy: era la sua ispirazione. Facciamo un paio di esempi. Ricordate la frase più celebre che il presidente ucciso a Dallas pronunciò nel discorso della sua inauguration? «Non chiedere cosa può fare il tuo paese per te, domanda piuttosto cosa puoi fare tu per il tuo paese».

Oppure quella che divenne la linea di demarcazione del mondo occidentale per tutta la Guerra Fredda: «Ich bin ein Berliner», io sono un berlinese, pronunciata proprio davanti al muro della vergogna. Chi le ha scritte, secondo voi? Se chiedevate a Sorensen, abilissimo a restare sempre nell'ombra, rispondeva che non ricordava bene da dove venissero quelle righe. Tranne poi prendersi tutta la responsabilità dell'errore grammaticale nascosto nella frase in tedesco, dove quel rafforzativo «ein» aveva maldestramente trasformato il senso del grido presidenziale nell'esaltazione di un noto dolce dell'ex capitale divisa dal muro.
Un vero consigliere fedele, del resto, è così: si prende tutti i torti, e gira al capo tutti gli elogi. «Il mio ruolo - diceva Ted scherzando, ma non troppo - è pensare e preoccuparmi... e molto spesso piegarmi». Dove l'espressione usata per offrire la prova della sua flessibilità, «bent over», ha pure un doppio senso gergale che di questi tempi farebbe arrossire persino Ruby Rubacuori.

Sorensen era nato nel 1928 a Lincoln, nel Nebraska, da un padre repubblicano che era arrivato a essere ministro della Giustizia dello Stato. Nel migliore dei casi, lo aspettava una carriera di avvocato tra le piantagioni di pannocchie. Appena laureato, però, aveva deciso di fare un'esperienza a Washington. Davanti a lui c'erano due strade: fare il riverito portavoce del famoso senatore Henry Jackson, oppure andare a sgobbare per un giovanotto del Massachusetts di nome Kennedy: «Avevo davanti a me due strade: scelsi la meno raccomandata, e ciò ha fatto tutta la differenza nel mondo».

Avere Ted sottobraccio, in realtà, ha fatto la differenza anche per il mondo di John. In Italia, chissà perché, quando si immaginava la mente di Camelot tutti pensavano ad Arthur Schlesinger, ma era Sorensen quello che si era consumato le scarpe correndo dietro a Kennedy per tutta l'America, quando la Casa Bianca era solo un miraggio lontano. E John aveva avuto l'intelligenza di apprezzare il suo acume, al punto di prendergli in prestito senza ritegno, o rubargli, le idee migliori. Per esempio, quando i sovietici mandarono per la prima volta in orbita un cosmonauta, Yuri Gagarin, fu Ted che si presentò nell'ufficio del Presidente con l'idea di scavalcarli: «Lui era l'uomo che aveva parlato della Nuova Frontiera: chi meglio di lui poteva ispirare un popolo ad arrivare sulla Luna?».

Detto e quasi fatto, a partire dal discorso per convincere l'America, che naturalmente toccò a Sorensen. Stessa storia quando Krusciov, durante la crisi dei missili a Cuba, minacciava la guerra nucleare. Ted, insieme a Bobby Kennedy, suggerì al Presidente di ignorare i messaggi più bellicosi del Cremlino, e scrivere invece una proposta di pace che salvasse la faccia a tutti. John accettò, e Nikita pure, dopo che Sorensen aveva vergato l'unica lettera che abbia mai salvato il mondo dall'Apocalisse. Quanto basta per uscire adesso di scena ed entrare nella storia, con la penna in mano.

lunedì 1 novembre 2010

Ipse dixit

‎"La storia è piena di capi di Stato puttanieri."
(Maurizio Belpietro riferendosi a John Fitzgerald Kennedy)

Oh beh, anche di giornalisti sputtanati.
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