domenica 28 febbraio 2010

Imparare a lavorare da una posizione di fragilità

Bill Viola /Intervista di Cloe Piccoli
Repubblica 28 febbraio 2010 pag. 54

Quel viaggio ci ha cambiato la vita. Siamo rimasti in Giappone diciotto mesi, fra il 1980 e il 1981, e abbiamo avuto la fortuna di incontrare un maestro zen straordinario: Tanaka Daisen.
Praticavamo con lui quasi tutti i giorni, eccetto quando lui viaggiava. Era un uomo magico.

Mi diceva: "Devi imparare ad essere vuoto". Se lo immagina? Avevo studiato anni per imparare ad essere pieno, di idee, progetti, immagini, ed ora quest'uomo mi diceva che dovevo essere vuoto, e perso, e imparare a lavorare da una posizione di fragilità. Era pazzesco, ma aveva ragione.


Misure

"Sotto la terza di seno non è vera passione politica".

Cetto Laqualunque da Fazio, oggi.

sabato 27 febbraio 2010

venerdì 26 febbraio 2010

ItALIENI al Circolo dei Lettori

Come siamo diventati extraterrestri

Guido Cranz dialoga con Nicola Lagioia

Il senso perduto della Storia ossia il rischio che corre una comunità nel momento in cui trasforma la ricostruzione storica in ornamento e in retorica della memoria.

Lezioni di Storia

Lezioni di Storia
Torino e il Piemonte. Gli anni della nostra storia
In nove lezioni magistrali gli uomini, le idee, gli eventi che hanno dato il volto al Piemonte e alla Torino di oggi

Dopo il successo di Roma, Firenze, Milano le Lezioni di Storia approdano sotto la Mole. Tema del ciclo: Torino e il Piemonte. Gli anni della nostra storia.
Per 9 domeniche dal 15 novembre fino al 21 marzo 2010 alle 11.00, al Teatro Carignano, 9 studiosi di prestigio racconteranno 9 date della storia di Torino e del Piemonte, individuate per la loro forza simbolica.
Dalla fondazione della città, alla crociata contro Fra’ Dolcino, dalla rivolta dei Tuchini al massacro dei Valdesi, dall’assedio di Torino alla vicenda umana e sociale di Don Bosco fino ai tumulti ottocenteschi di Piazza San Carlo, per arrivare al Novecento con la Resistenza in Piemonte e la marcia dei quarantamila.
9 lezioni per raccontare lo spirito di un territorio così come si è manifestato nelle varie epoche, ma anche come esso si sia innervato nell’intera storia del nostro paese.
Introdotti da Alessandra Perera Andrea Giardina, Grado Merlo, Alessandro Barbero, Miguel Gotor, Walter Barberis, Francesco Traniello, Umberto Levra, Marco Revelli, Giovanni De Luna volgeranno lo sguardo all’indietro su una città ed una regione che hanno contribuito alla costruzione della nostra identità nazionale. Si tratta di un grande evento aperto al pubblico − l’ingresso è infatti libero fino ad esaurimento posti − che coniuga il rigore e la passione intellettuale con la leggerezza di linguaggi comunicativi brillanti e coinvolgenti.
9 appuntamenti imperdibili con la storia. Imperdibili perchè − così come ha scritto Jacques Le Goff − «per meglio comprendere il presente è importante conoscere il passato: possiamo così sapere in che cosa ne siamo gli eredi ed in cosa ce ne differenziamo.»
L’iniziativa promossa dalla Regione Piemonte, dal Comune di Torino ideata e progettata dagli Editori Laterza è organizzata dal Circolo dei Lettori in collaborazione con La Stampa e il Teatro Stabile di Torino. Partner dell’iniziativa Intesa Sanpaolo.

TORINO E IL PIEMONTE. GLI ANNI DELLA NOSTRA STORIA
Il Calendario

domenica 15 novembre 2009
Augusto fonda Torino

Andrea Giardina

Quando, in un anno non noto, Augusto fonda la colonia di Torino, Roma domina ormai l’Italia da vari secoli e da molto tempo è la più grande potenza del Mediterraneo e dell’Europa continentale. Le guerre civili che avevano esaurito la repubblica si sono spente e il mondo romano è governato da un principe potente e venerato. La decisione di fondare quella colonia sembra dunque dipendere da un’esigenza di ordine, quasi una ricerca di simmetria imposta dalla pace. La storia di Torino e del Piemonte in quel periodo non offre né eventi né personaggi sensazionali e a qualcuno potrebbe apparire come un angolo appartato fuori dal palcoscenico della grande storia. Ma sarebbe un’impressione superficiale, il risultato di uno sguardo frettoloso. Anche se non attraversate da venti tempestosi, quelle vicende sono affascinanti perché parlano di popoli e di culture, di paesaggi in trasformazione e del drammatico dialogo tra il singolare e il plurale, tra Roma e l’Italia.

Andrea Giardina insegna Storia romana presso l’Istituto di Scienze Umane di Firenze.

domenica 22 novembre 2009
1306 La ‘crociata’ contro gli eretici di Fra’ Dolcino

Grado Merlo

Figlio di un prete novarese, seguace del movimento pauperistico degli apostoli, Dolcino nel 1303 invia ai ‘veri credenti’ tre lettere encicliche in cui annuncia che i tempi stanno per cambiare e che la Chiesa ‘carnale’ lascerà il posto ai ‘viri spirituali’. Ma il suo appello a Federico III d’Aragona perché intervenga contro il papa rimane inascoltato e nel 1305 Papa Clemente V bandisce una crociata contro di lui. Nel 1307 Dolcino, rifugiatosi con i seguaci nelle montagne settentrionali del Piemonte, viene catturato e messo al rogo.Con la sua morte si chiudono due secoli in cui i movimenti riformatori – come catari e valdesi – avevano rivendicato la centralità dell’esperienza religiosa fuori dall’istituzione cattolica e si apre il secolo della chiesa di Avignone, aristocratica e raffinata. Ma il mito di Dolcino, frate ribelle e capo popolo, attraverso Dante percorrerà i secoli, arrivando fino ai socialisti del Novecento.

Grado Merlo insegna Storia del cristianesimo presso l’Università degli studi di Milano.

domenica 6 dicembre 2009
1377 La rivolta dei Tuchini

Alessandro Barbero

Fra il 1386 e il 1391 il Canavese è il teatro della più importante ribellione contadina nella storia dell’Italia medievale, ancor oggi celebrata nel folclore locale: la rivolta dei Tuchini. Molte decine di comunità rurali, compatte sotto la guida dei loro notabili, espellono con violenza (ma facendo pochissimi morti) i signori dai loro castelli. Per cinque anni si governano da sole, negoziando febbrilmente con il conte di Savoia e il marchese di Monferrato per ottenere il riconoscimento delle loro rivendicazioni di alleggerimento degli oneri signorili. Un esempio sbalorditivo di come le insurrezioni dei rustici nel Medioevo non siano frutto della disperazione e della fame, né di un impossibile sogno di palingenesi sociale, ma gesti consapevolmente politici, che mirano a scopi precisi e, come in questo caso, possono perfino far fronte alla repressione e alle impiccagioni, e registrare, a conti fatti, un certo successo.

Alessandro Barbero insegna Storia medievale presso l’Università del Piemonte orientale.

domenica 20 dicembre 2009
1655 Il massacro dei Valdesi nelle “Pasque piemontesi”

Miguel Gotor

Durante la reggenza di Maria Cristina di Borbone-Francia i rapporti con la comunità valdese del ducato di Savoia subiscono un brusco peggioramento. Lo scontro intestino tra l’autorità del governo centrale e i fratelli di Vittorio Amedeo, che aspirano alla reggenza, induce i contendenti a ricercare il sostegno della Chiesa cattolica e ad appoggiare una politica di repressione per «estirpare l’eresia dalle valli».

Nell’aprile 1655, durante le cosiddette «Pasque piemontesi», le truppe mettono a ferro e a fuoco la Val Pellice compiendo massacri di civili, stupri, torture e costringendo i valdesi ad abiurare la loro fede. La vicenda suscita un grande clamore internazionale che favorisce una soluzione diplomatica del conflitto con la concessione delle Patenti di Grazia nell’agosto 1655, ma il ricordo dell’eroica resistenza valdese rimane a lungo indimenticato.

Miguel Gotor insegna Storia moderna presso l’Università degli studi di Torino.

domenica 24 gennaio 2010
1706 L’assedio di Torino e la nascita del regno di Sardegna

Walter Barberis

Nel 1706 si conclude l’assedio con cui gli eserciti di Luigi XIV di Francia avevano tentato di forzare la resistenza della città di Torino e di far capitolare il ducato di Savoia. A salvare il Piemonte concorre una serie di circostanze, non ultime l’esplosione della mina che uccide Pietro Micca, occludendo una galleria sotterranea di accesso alla città, e il provvidenziale appoggio delle armate imperiali condotte dal principe Eugenio. Ma fra le ragioni di fondo della resistenza di Torino vi è qualcosa di più radicato e distintivo della storia piemontese: una organizzazione statale di stampo europeo, una solidarietà civica fra ceti diversi, una finanza che salda interessi pubblici e privati, una cultura militare e tecnologica. Ovvero la cifra di una modernità che si sarebbe rivelata appieno nel corso dell’Otto e del Novecento.

Walter Barberis insegna Metodologia della ricerca storica presso l’Università degli studi di Torino.

domenica 7 febbraio 2010
1859 Don Bosco fonda la Congregazione dei Salesiani

Francesco Traniello

Dal 1854 il sacerdote Giovanni Bosco pone le fondamenta della Società dei Salesiani che cinque anni dopo diventa una vera e propria Congregazione religiosa, costituita da sacerdoti e laici, dedicata in particolare alla tutela e all’educazione degli adolescenti a rischio. Negli anni successivi gli oratori e gli istituti salesiani si sviluppano numerosi in Italia e nel mondo, concentrando l’attenzione sulla scuola, la divulgazione attraverso la stampa, e in genere sulla formazione professionale e culturale dei ceti popolari. L’opera di Don Bosco nasce e si diffonde in una fase storica caratterizzata da una forte spinta alla laicizzazione delle istituzioni pubbliche: tra l’altro, nel 1855, era stata approvata in Piemonte la cosiddetta ‘legge sui frati’ con cui il governo Cavour aveva sciolto i principali ordini religiosi operanti nello Stato sabaudo. Ma la sfida dei salesiani si rivolgeva anche alle istituzioni ecclesiastiche, rivendicando, grazie ad un rapporto diretto con il Papa, una forte indipendenza dall’episcopato e in genere dalle strutture territoriali della Chiesa cattolica.

Francesco Traniello è professore fuori ruolo di Storia Contemporanea presso l’Università degli studi di Torino.

domenica 21 febbraio 2010
1864 I tumulti di piazza San Carlo

Umberto Levra

A Torino in due giorni, 21 e 22 settembre 1864, alcune imponenti ma spontanee e disarmate manifestazioni lasciano sul selciato delle due piazze principali, Castello e San Carlo, e nelle vie adiacenti, 52 morti e 159 feriti. È il più grave eccidio dell’intero secolo. Il 18 settembre la “Gazzetta del Popolo” aveva dato notizia del trasferimento entro sei mesi della capitale da Torino a Firenze. La perdita del ruolo a favore di Roma era una certezza ma la cosa non appariva immediata. E Firenze non è Roma.

La sollevazione della piazza contro le istituzioni segna la fine di un’epoca, una cesura drammatica nella storia e nell’identità cittadina, e alimenta a lungo un rancore per il mancato riconoscimento della sua primazia risorgimentale. Si spezza la simbiosi tra la città, la dinastia regnante e lo Stato, vengono messi in crisi l’espansione nei settori produttivi, nel commercio, nella finanza e l’ imponente programma di opere pubbliche messo in campo. All’improvviso, dal 1864, Torino deve ridisegnare il proprio modello: da città di servizi a città della scienza prima e, a trent’anni di distanza, dell’industria.

Umberto Levra insegna Storia del Risorgimento presso l’Università degli studi di Torino.

domenica 7 marzo 2010
1943 La Resistenza in Piemonte

Marco Revelli

Il 12 settembre 1943 Livio Bianco e Duccio Galimberti, con altri dieci compagni, salgono in montagna per costituire il nucleo originario della banda Italia libera: l’embrione della prima formazione partigiana, politicamente orientata e militarmente organizzata, del Piemonte e probabilmente d’Italia. Stabilitasi a Paralup, borgata quasi disabitata a 1400 metri di quota, essa costituisce un microcosmo attraverso cui analizzare i molti aspetti della Resistenza in montagna: il meccanismo della scelta, innanzitutto, che porta decine di migliaia di giovani, nello sfacelo delle istituzioni e nel naufragio della ‘Patria’, a mettere in gioco la propria vita. La composizione generazionale e sociale di quel gruppo che rapidamente supera il centinaio di uomini. E poi la quotidianità in condizioni ambientali estreme. I rapporti, non sempre facili, con la popolazione. L’universo morale e i dilemmi esistenziali. Il nesso tra la ‘grande storia’ della vicenda nazionale e la ‘piccola storia’ – ma lunga e densa – delle popolazioni montanare.

Marco Revelli insegna Scienza della politica presso l’Università del Piemonte orientale.

domenica 21 marzo 2010
1980 La marcia dei quarantamila

Giovanni De Luna

Il 10 settembre1980 la Fiat annuncia 14.469 licenziamenti; la protesta dei sindacati e degli operai è immediata, con scioperi massicci, picchetti ai cancelli, comizi e cortei. ll 26 settembre, Enrico Berlinguer, a Mirafiori, testimonia la sua solidarietà agli operai in lotta. A tutti è chiaro che si tratta di una resa dei conti definitiva: sono in gioco il ruolo del sindacato in fabbrica, la sua capacità di difendere i livelli occupazionali e di incidere sull’organizzazione del lavoro. Il 6 ottobre la Fiat mette in cassa integrazione 26 mila dipendenti. Il 14 ottobre il Coordinamento dei capi e dei quadri intermedi organizza un’assemblea contro gli operai in sciopero, per ribadire fedeltà all’azienda. La ‘marcia dei 40 mila’ attraversa le strade di una città silenziosa e prostrata. Due giorni dopo, tutto è finito, l’azienda ha mano libera: 36 sono i mesi di cassa integrazione per 24 mila lavoratori. Dei 102.508 dipendenti che nel 1979 costituivano l’organico della Fiat Auto in Piemonte, ne restano nel 1984 55.398. La Fiat ha vinto, il sindacato e gli operai sono stati sconfitti. Torino è costretta a cambiare pelle, avviandosi lungo le rotte sconosciute della società postindustriale.

Giovanni De Luna insegna Storia contemporanea presso l’Università degli studi di Torino.


http://www.circololettori.it/lezioni-di-storia/

Par Condicio

La 'ndrangheta si appella alla par condicio: troppi i parlamentari di mafia e camorra.

(Jena su La Stampa, 26 feb 2010)

Argentinizzazione in corso

Esercizio di leggere i giornali degli altri, guardare la tv degli altri. E' il ricordo dei lunedì mattina all'alba in treno dei pendolari e studenti, manifesto, osservatore romano, mucchio selvaggioinsieme a corriere (che bel giornale era il corriere nei primi '90).
Un po' a turno perchè sempre contati i soldi in tasca, poi ce li scambiavamo. Dovrei rifarlo,soprattutto con la tv, perchè quando perdi quel contatto perdi molte sfumature nelle persone che ti circondano. Non è snobismo, è che non basta il tempo. dopo la seduta di stamattina decido che ho bisogno di tempo anche per correre, anche se piove.

Ma appunto gli editoriali di minzolini, il tg di minzolini.
Non dovrei parlarne perchè non lo guardo, non è guardabile questa argentinizzazione del giornalismo, via veloci le tre notizie di politica signori eccheppalle lasciamoli lavorare, udite piuttosto qui la sovrastante cronaca che ci deve impaurire il giusto, ieri poi con quest'orca che si è mangiata l'addestatrice a Miami compendio straordinario: il monstrum che aggredisce il mondo civile, in piscina, i bambini terrorizzati, la bella istruttrice bionda che pensava di contenere la forza bruta..., vuoi mettere -anche solo a impatto iconografico anche se dei filmati dell'orca non ce n'era uno autentico- con un banale versamento di petrolio nel Lambro (paesaggio quotidiano di mezza periferia triste)???

Delle orche dobbiamo avere paura, del monstrum, non della quotidianità che ci ammazza. Tutto poi ovattato e perfettamente contenuto e sfumato in quei servizi finali sul "vivere bene" (gourmet, moda, tendenze), le orche ci divoreranno anche ma nel frattempo quanto è morbido questo maglioncino.
Io qui vedo la radice del gesto di Tartaglia, sfregiare per emergere,una boccata d'aria.

Irrespirabile però.

Gramellini, amore

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/hrubrica.asp?ID_blog=41

La Stampa, 25 febbraio 2010

Dopo l’ultimo scandalo, che a quest’ora sarà già diventato il penultimo, sorge spontanea una domanda.
- Premesso che da dieci anni non sono più i ladri a indignarci, ma le guardie (forze dell’ordine, magistrati, arbitri di calcio e ogni altro soggetto psicologicamente disturbato che si ostini a voler far rispettare qualche straccio di regola).
- Premesso che a ogni malefatta commessa da una parte deve corrispondere una malefatta eguale e contraria commessa dalla parte opposta, affinché si possa dire che sono tutti uguali e andare avanti come se niente fosse.
- Premesso che (postilla del precedente), appena uno della nostra parte viene preso con le mani nella marmellata, ogni sforzo non va rivolto a pulirgliele, ma a dimostrare che sono sporche anche quelle degli altri.
- Premesso che l’uomo è cacciatore e razziatore, e chi non si rassegna a veder trionfare gli istinti più bassi è un ingenuo o un moralista.
- Premesso che non solo ogni inchiesta, arbitraggio ecc. è per definizione un complotto, ma la vita intera è un complotto, ordito da tutti contro tutti all’insaputa l’uno dell’altro.
Ebbene, tutto ciò considerato e premesso, vengo alla domanda.

C’è ancora in Italia un disadattato che non ruba, pur occupando un ruolo che gli consentirebbe di farlo?
Qualora esistesse, lo pregherei di rilasciarci un’intervista. Sarebbe lo scoop del secolo.

giovedì 25 febbraio 2010

Ci si ubriaca della propria debolezza

Desiderava fare qualcosa che non lasciasse possibilità di ritorno. Desiderava distruggere brutalmente tutto il passato dei suoi ultimi sette anni.
Era la vertigine.
L'ottenebrante, irresistibile desiderio di cadere.
La vertigine potremmo anche chiamarla ebbrezza della debolezza.
Ci si rende conto della propria debolezza e invece di resisterle, ci si vuole abbandonare a essa.

Ci si ubriaca della propria debolezza, si vuole essere ancor più deboli, si vuole cadere in mezzo alla strada, davanti a tutti, si vuole stare in basso, ancora più in basso.



Milan Kundera, ovviamente.

Poitiers

"Sainte, saine et savante".

Ma scopate di più

da http://achille.splinder.com/1082936410#1932390



lunedì, aprile 26, 2004

Lo zen e l’arte di discutere. Vol 1
Attenzione, il post che state per leggere contiene più parolacce di tutti gli altri post di questo blog messi insieme. Ciò nonostante il numero di parolacce risulta appena di poco superiore a quello riscontrabile in un'oretta di televisione in un qualsiasi varietà di prima serata o programma per famiglie della domenica pomeriggio. Sono cose che danno da pensare. L'importanza di scopare di più
Prima o poi arriva. Nel bel mezzo di una discussione, di un forum, nei commenti di un blog. Nella vita reale ma soprattutto sul web (sul web si sa, ci sono molti meno fattori da considerare prima di aprire bocca e dare fiato. Sul web non si rischiano schiaffoni, risate in faccia, silenzi gelati e imbarazzanti, sputtanamenti e prese per il culo per i mesi successivi).Prima o poi arriva qualcuno e dà il suo contributo alla discussione, credendolo risolutivo e definitivo.Prima o poi qualcuno arriva e dice "ma scopate di più!"
Ma scopate di più. Proprio così. Vi confesso che le prime volte che mi è capitato ci ho pensato su un po’. Se qualcuno dice una cosa, e soprattutto se la dice con quel tono definitivo con il quale si dice una frase come “ma scopate di più”, io penso sempre che quella persona ne sia profondamente convinta, e quindi mi immagino che dietro ci siano solide basi culturali, teorie ampiamente riconosciute, costruite su osservazioni sistematiche e studi scientifici.Per questo immaginavo scienziati americani che, nel tentativo di dimostrare come una sana e soddisfacente vita sessuale produca negli individui una maggiore capacità di impegnarsi in dibattiti pacati e li renda brillanti e propositivi, mettevano insieme gruppi di volontari rappresentativi per età, cultura ed estrazione sociale. Immaginavo gli scienziati americani, nella fase 1 dell’esperimento, ridurre i soggetti in questione in uno stato di astinenza forzata, e annotare come questa astinenza li rendesse astiosi e inaciditi, rosiconi e criticoni.Immaginavo poi questi scienziati passare alla fase 2 dell’esperimento, introducendo nei laboratori un secondo gruppo di volontari e volontarie, con il compito di soddisfare sessualmente i soggetti della ricerca che (e qui gli scienziati americani osservavano con soddisfazione) si trasformavano in persone in pace con se stesse, produttive, gentili, brillanti e ben disposte verso il prossimo. Insomma, uno sforzo di immaginazione abbastanza imponente. Che però non mi toglieva da dentro il sospetto che quella frase fosse in realtà una grossa cazzata, che (anche quando veniva pronunciata da persone apparentemente di un certo livello) avesse le stesse solide basi delle litigate dei ragazzini delle medie, con quello che dice “sei uno stronzo!” e l’altro “e perché?” e quello “perché…perchè sei uno stronzo!”.Finchè improvvisamente capisci che proprio quello che è arrivato fin lì per arricchire e risolvere la discussione con il suo “ma scopate di più”, in realtà è come se ti stesse urlando che non è assolutamente capace di produrre un argomento sensato e interessante.Nemmeno se ci prova subito dopo aver scopato, nel tragitto tra il letto e il bagno.


Nota a margine (la pratica rompe la grammatica). Come spesso accade, l’esperienza personale aiuta a comprendere l’infondatezza di talune teorie. Io, ad esempio, nei periodi in cui scopo di più sono insopportabile. E quando non scopo da un po’ divento decisamente più gentile, più simpatico, più sorridente e più disponibile.

Soprattutto con quelle che mi vorrei scopare.

Treni

Egon Schiele è nato in una stazione feroviaria, nel 1890 in Austria.
Adriano Olivetti è morto su un treno, nel 1960.

Primo post

E' una situazione temporanea.

Ma ho bisogno di uno spazio dove mi farò da ufficio stampa: metterò qui tutto quello che leggo e che in qualche modo voglio conservare.
Anni fa lo facevo con una scatola di scarponi da sci, oggi c'è il web.
Related Posts with Thumbnails