venerdì 16 aprile 2010

Do, do, do

Philippe Starck intervistato da Rachele Meini su Rolling Stone, aprile 2010.
Secondo me un fottutissimo genio (per quanto adesso si debba dire che è fighetto, imborghesito, noioso, ripetitivo).


Credo che il dovere di un essere umano sia capire tutto ciò che ci circonda, e quando cerchi di capire sei obbligato a essere aperto e generoso. Inoltre capisci quello che sei.

Non sono sorpreso quando qualcuno mi dice di essere triste o che viviamo in una società triste. Com'è possibile essere felice se hai dimenticato da dove vieni?

Se non hai la consapevolezza di quei batteri che milioni di anni fa si sono trasformati in pesce, rana, scimmia, nella superscimmia che siamo oggi? Se non hai idea di quello che saremo? Conosciamo la fine, siamo alla metà della storia. Esiste uno spazio enorme da esplorare, ed è tutto più semplice se hai una visione generale e curiosità e amore e rispetto per questo animale che un giorno, non so dove e quando, mentre mangiava erba, disse hei ragazzi, ho un'idea, e gli altri gli chiesero: cos'è un'idea? E lui rispose, come Einstein, non lo so, ma dimostrerò che esiste.

E siamo diventati intelligenti. Abbiamo creato la civilità, l'intelligenza e la creatività. DObbiamo sempre ricordarci che quel che ci contraddistingue dagli altri animali sono l'intelligenza e la creatività. I sogni. Abbiamo il dovere di sognare e di credere nei nostri sogni. E realizzarli. E' facile!

Il fattore chiave - non di un uomo di successo, perchè il successo non è interessante- di ogni tipologia di rockstar che conosciamo, dalla letteratura all'architettura alla musica e altro ancora, è la libertà.
Attorno ai 14, 15, 16 anni ti concedi la libertà di coltivare il sogno e vedere quel che sai fare.

Senza chiedere il permesso.

Niente maestri, niente Dio, nessun inutile rispetto, soltanto rispetto per se stessi, rispetto per la propria etica. Del resto è sempre stato così. La mia grande antologica al Pompidou di dieci anni fa già diceva questo. Spiegavo che nessuno è un genio, tutti ce la possono fare, e introducevo attraverso delle etichette ogni oggetto al pubblico: ho fatto questa sedia perchè avevo bisogno di soldi, questo divano perchè volevo che mia moglie fosse orgogliosa di me, eccetera.
E cercavo di spiegare alla gente, smettetela di essere spettatorie cominciate ad essere attori.

Smettetela di lamentarvi.
Fatelo!

Fatelo.

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