giovedì 10 giugno 2010

Morituri

Unico o quasi, il Post sta documentando l'agonia silente del sistema scolastico pubblico:

Flavia Perina sul Post di ieri:

La marcia indietro della Gelmini e la scuola del ‘68
9 giugno 2010

Onore al preside Michele D’Elia, del liceo Vittorio Veneto di Milano. È stato tra i primi a pubblicare gli scrutini di maturità: tutti ammessi tranne due, a confermare la promessa di non escludere dall’esame nessuno per un semplice cinque in una materia, così come prevedono le disposizioni ministeriali dell’ordinanza 44 firmata dalla Gelmini. «Come avremmo potuto non ammettere un ragazzo per colpa di una sola insufficienza?», ha spiegato D’Elia invitando le altre scuole e l’opinione pubblica a un esame di realismo e buon senso. E a chi ha parlato polemicamente di un ritorno al famigerato “sei politico”, ha risposto: «Piuttosto la chiamerei attenta valutazione del profitto di ciascuno studente, senza penalizzarlo a tutti i costi». Già, perché magari si dovrebbe ogni tanto ricordare che l’obiettivo della scuola non è espellere i somari ma far crescere tutti. E il diritto a “giocarsi” la chance della maturità è insito nella nostra tradizione culturale e liceale, che considera quella prova un “rito di passaggio” e una verifica della personalità che può dare un’opportunità di crescita a ognuno, compresi i distratti, gli indisciplinati, i casinisti che per farcela dovranno studiare il triplo dei bravi e dei tranquilli. Neppure la Gelmini ha potuto obiettare al buonsenso del liceo Vittorio Veneto, e un po’ di marcia indietro sulla norma 44 l’ha fatta. Adesso, magari, qualcuno potrebbe cominciare a mettere in discussione l’ossessione severista della scuola italiana e il suo presupposto ideologico, cioè la necessità di “ricostruire la serietà didattica distrutta dal ‘68”. Molti studenti sessantottini sapevano di letteratura e di filosofia più di tanti insegnanti (e politici) contemporanei. E, come ebbe a dire André Glucksmann, chi conosce un po’ la storia sa che non fu il ‘68 a mettere in crisi la scuola, “fu semmai la scuola in crisi ad aver causato il Maggio del ‘68. Da un pezzo la scuola non era più all’altezza dei suoi compiti. Si soffocava. Bisognava respirare…”.

Un altro articolo sempre dal Post di ieri:

Le agitazioni di queste settimane sui tagli alla scuola pubblica, da parte di persone che ci lavorano, di genitori, o di semplici persone che hanno cari i destini dell’Italia, conoscono un ostacolo piuttosto particolare: il loro scarsissimo potere, chiamatelo contrattuale o ricattatorio. In quanto servizio pubblico e gratuito -- dettato solo da una nobile intenzione di portare benefici ai cittadini e al paese -- la scuola è per uno stato concentrato sulla cassa solo un costo: il suo indebolimento non ha nessuna controindicazione la corda della pazienza dei cittadini si può tirare a lungo, fino a che si garantisce agli elettori maggiorenni che i loro figli si trovino all’interno di in un edificio scolastico. A loro volta, cittadini, genitori e insegnanti insoddisfatti del servizio non hanno molte armi per far sentire le loro proteste e proposte: la formula dello sciopero non crea conseguenze negative per nessun interese economico, e nemmeno le canoniche occupazioni e manifestazioni, vissute con noia e sfinimento anche dai molti che vi partecipano.

Chi ha cara la scuola e il suo valore per la crescita del paese ha le armi spuntate. E il maggior partito di opposizione, che dovrebbe rappresentare tali istanze di fronte al nemico rappresentato dal governo e dai suoi interventi, non sembra in grado di strutturare, organizzare, dare strumenti e rendere efficace questa protesta. In giro per l’Italia, quindi, si improvvisano manifestazioni ma nella maggior parte dei casi ci si sente inermi e pronti al peggio. Ci sarebbe bisogno di inventive ed efficaci idee di comunicazione e di ampiamento del fronte, o di conquista del manico del coltello.

Sulle prime oggi ha cominciato a lavorare un gruppo di bolognesi, con un’iniziativa piccola come tutte le iniziative che non sono ancora diventate grandi: “Tutti devono sapere“.

Oggi a Bologna piccoli gruppi di persone -- insegnanti e genitori -- in un’ora di punta sono saliti sugli autobus di alcune linee cittadine, distribuendo volantini e informando tutti i passeggeri di quel che sta accadendo alla scuola pubblica.
Tre quattro persone ogni gruppo. Appena saliti alcuni iniziano a distribuire i materiali informativi mentre la voce di un terzo si alza, robusta ma pacata e dice:

Buon giorno a tutte e tutti.
Scusate il disturbo ma la cosa che dobbiamo dirvi è importante, crediamo, non solo per noi.
Siamo genitori e insegnanti e vogliamo dirvi che la scuola pubblica, la scuola di tutti sta morendo.
E’ sottoposta a un’aggressione senza precedenti.
Sui messaggi che distribuiamo sono indicate le ragioni di quello che stiamo dicendo.
In poche parole stanno tagliando ore di insegnamento, insegnanti e risorse economiche alla scuola pubblica mentre aumenta il numero degli studenti.
Tutti devono sapere che una scuola pubblica sempre più povera prepara una società più ignorante, più divisa e più insicura.
Tutti devono sapere che presto la nostra scuola pubblica sarà di serie B.
Tutti devono sapere che presto dovremo chiedere un mutuo alla banca per far studiare i nostri figli.
Contiamo che anche voi siate sensibili al disastro cui va incontro la scuola dei nostri figli.
Contiamo che anche voi ci aiutate a informare tutti.
Raccontate a tutti la scena a cui avete assistito oggi perchè tutti devono sapere.
Grazie per l’attenzione, noi proseguiamo sul prossimo autobus.

Su Facebook c’è la riproduzione del volantino, l’annuncio delle prossime iniziative e il racconto dell’esperienza di oggi:

Sulle linee 27 e 30 scattano addirittura applausi scroscianti.
Ovunque c’è attenzione, partecipazione, curiosità, spaesamento. Molti dicono semplicemente “grazie”. I volantini vengono richiesti da tutti.
È proprio vero che la scuola non è finita!
E la riprova bisognerà darla ancora giovedì 10 dalle 17 in poi, quando l’Ufficio Scolastico Regionale sarà di nuovo circondato da genitori, alunni e insegnanti per una nuova “Protesta in Festa”.
Saremo davanti all’USR, nella piazza e nei giardini limitrofi, “impacchetteremo” la zona con i nostri volantini, assisteremo alle performance di attori, clown e musicisti, faremo un ingresso finale nel foyer del Teatro Comunale dove ci aspettano i giovani artisti che si battono contro l’attacco alla cultura.

Giovedì 10 saremo di nuovo a difendere la scuola di tutti e di ciascuno.
Perchè noi non molleremo mai.
La scuola pubblica è come l’acqua.
Tutti devono sapere che non la vogliamo perdere.
Per noi non è ancora finita!

Alla fine, il destino della scuola italiana si giocherà nel rapporto di forze tra chi pensa sia uno dei progetti più importanti per una società civile e chi non lo pensa, e negli sforzi che i primi sapranno fare per diventare maggioranza.

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts with Thumbnails