giovedì 30 settembre 2010

Buster Keaton e Ali Agca



Cattelan sì o Cattelan no?
Ho letto la Aspesi caustica verso di lui la scorsa settimana su Repubblica (non trovo l'articolo on line), e ancora domenica scorsa il concetto è stato ribadito da Mina su La Stampa addirittura con il titolo "Che barba che noia".

Io so poco di arte, addirittura mi piace l'ago di Piazzale Cadorna e in generale tutto ciò che rende un paesaggio, un muro, una persona inusuale, magari anche sconcertante.
E ovviamente mi piace anche Cattelan, che incontrai la prima volta con lo scoiattolino suicida a Rivoli. Di Cattelan credo che si possa dire molto ma noioso e prevedibile proprio no.
Forse furbo, ma questa presunta furbizia commerciale lo accomuna a schiere di artisti del passato, di cui poi non quella ci è rimasta ma lo sguardo sul loro tempo. E se anche fosse un furbo, che importa? Non è meglio guardare le sue opere senza pensare a quanto costano e a quanto ci guadagna lui (e i suoi galleristi), ma solo a cosa ci dicono?
Cattelan è "coevo al secol nostro", usa il linguaggio di fiction, pubblicità e visual merchandising per prenderci lo sguardo e trascinarci nelle sue angosce. Questo non è originale, da Wharol in poi, ma è solo il linguaggio, non la sostanza.
Usa la tecnica dei bambini, strillo per avere la tua attenzione, la sostanza è che voglio, vogliamo, sicurezza e amore. E no, non ce n'è. Non ce n'è proprio. Forget sicurezza e amore. Vaffanculo. Cattivi. Pedalo via con il mio triciclo prima che mi appendiate a un albero, o mi inchiodiate a un banco.


Il pezzo di Mina lo trascrivo qui sotto.
E poi ci copio anche un brano dal testo di Francesco Bonami sull'arte contemporanea, "Lo potevo fare anch'io", che ho ripreso ieri sera anche se crollavo di stanchezza.

"Troppe emozioni. Troppe. Finiranno per confondermi. Appena terminato il brivido etico per un giallo immobiliare capace di far straparlare con gli occhi fuori dalla testa tutti, giù giù fino ai Caraibi, sono alle prese con lo stupore estetico di un marmoreo dito medio, puntato verso il cielo sovrastante la milanese Piazza Cordusio, da non confondere, come diceva lui, con il mio amico Coruzzi. Insufficientemente interessata ai contesti, sprezzante delle didascalie e sorda alle spiegazioni socio-politico-paraculistiche mi affido, per i giudizi che tengo stretti come segreti, all’inaffidabile e incolto istinto.

La fotografia dell’imponente scultura di Cattelan mi evoca il desiderio di un immediato connubio con la maxi-cacca in travertino piazzata davanti alla biennale di scultura di Carrara. Sono sicura che, se McCarthy avesse potuto consultarsi preventivamente con il maestro veneto, avrebbero insieme concordato qualche soluzione di combinazione spaziale e cromatica ad effetto simbolico accrescitivo, chissà. Le dimensioni mastodontiche di entrambe le opere in questione garantiscono il mantenimento di proporzioni corrette in un eventuale futuro incastro. Ebbene sì, siamo ancora qui a parlare della ritrita funzione provocatoria e dissacratrice dell’arte.

Quell’arte che, invece di straripare di libertà, si inginocchia, povera, pietosa, implorante, conformista, permalosa, presuntuosa e utilitaristica, ai suoi strumentali obblighi polemici o propagandistici. Che barba, che noia. Non c’è nessuna urgenza di simboleggiare alcunché di contingente o peggio di già passato. Tutti sanno già tutto o perché l’hanno imparato o perché l’hanno creato o perché l’hanno subito. Il più bravo a dire vaffa resta Grillo che non usa ammiccamenti o interposizioni, ma va giù piatto. Il bisogno di oggi dovrebbe essere quello di raccontare e farsi raccontare il futuro da persone oneste e disinteressate. Se non sarà possibile, continuiamo pure con medioni ritti ed escrementoni. Nessuno mi toglie dalla testa che Cattelan, che credo sia un «fine umorista», se la stia ridendo come un pazzo dietro un angolo, alla faccia nostra. Io convocherei Christo per uno sbarazzo elegante ed artistico degli ingombri descritti. Imballaggio accurato in cui lui è maestro, DHL, destinazione sconosciuta, ma perfettamente remota. In caso, non bisognerebbe dimenticarsi di Ago, Filo e Nodo di piazza Cadorna. Grazie." (Mina su La Stampa di domenica 26 settembre 2010)


"Oggi nell'Olimpo degli artisti più odiati Cattelan ha preso il posto di Manzoni, non Alessandro, quello dei Promessi Sposi, ma Piero, quello della Merda d'Artista.
I critici delle famiglie degli sgarbini e dei daveriotti sostengono che le opere di Cattelan sono sonore prese in giro, non opere d'arte. Ma è troppo presto per decidere, la giuria della storia non ha ancora pronunciato alcun giudizio. Sicuramente questo Giamburrasca della contemporaneità ha sovvertito le regole del gioco dell'arte facendo sì che molti seguissero la sua strada.

Certo non può vantare un pedigree classico.
E' cresciuto in una famiglia malestante, ha fatto il becchino all'obitorio di un ospedale. Poteva uscirne fuori un terrorista, un serial killer, un pedofilo, uno psicanalista da prima serata. Da una Padova dove si mangiava pane e P38 è venuto fuori semplicemente un probabile artista, uno che sembra il frutto di un esperimento genetico dove hanno frullato il Dna di Buster Keaton con quello di Ali Agca.
(...)
Fa scandalo giocando sulla repressione della paura collettiva, compresa la sua.
Come i grandi artisti del passato, il nostro maestro di Padova parla della vita e della morte, della storia, della religione e del sesso, dell'anima, ma lo fa con gli strumenti del presente.
Cattelan afferra la parodia che ogni tragedia nasconde, come la stella delle Brigate Rosse trasformata in neon, cometa natalizia, simbolo di un'epoca dove pastori e magi non hanno lasciato doni ma una scia di sangue. A Milano ha impiccato i bambini, e tutti hanno gridato allo scandalo. Qualche giorno dopo in Iran i ragazzini li hanno impiccati davvero, condannati a morte perchè omosessuali.
(...)
Ci ha riportati in serie A.
Forse non ha fatto meglio dei suoi maestri, ma ha capito meglio di loro il mondo e la società in cui sta viaggiando. E' partito senza biglietto, oggi è in prima classe sul Mondostar. Domani chissà.
Ma all'obitorio, possiamo stare sicuri, per il momento non ci ritornerà.
(Francesco Bonami, "Il complesso e l'estasi" ne Lo potevo fare anch'io, Mondadori 2007)

2 commenti:

  1. Ciao! ho appena finito una lezione di pittura all'accademia di urbino e mi sono buttato in rete alla ricerca di qualche immagine di Cattelan (su di lui verteva la lezione) perchè per me, come ho detto al prof, è un genio assoluto ed il mio artista preferito. Ti ho rubato una foto (quella dei cadaveri di marmo) ma ti volevo dire, ed è per questo che ti scrivo, che hai un blog molto intelligente, interessante, fresco, agile e di cui condivido gli interessi e le affermazioni, per quelle poche che ho letto. Volevo solo farti i complimenti (ma da quando Mina parla di arte????). Naturalmente ci tornerò e lo visiterò spesso.
    CIAO
    Elvis (elfelvis@email.it)

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