Una scatola quasi personale di ritagli di giornali (di carta e non ), web, parole, fotografie. Cose che metto via perchè importanti, o per leggerle dopo, o perchè belle.
martedì 20 luglio 2010
Il nulla che ti insegue
Oggi La Stampa pubblica una lunga intervista di Francesco Bonami a Maurizio Cattelan.
La riporto tutta, è molto bella.
Cattelan, paura d'essere risucchiato dallo scarico della lavatrice
di Francesco Bonami
NEW YORK
E' difficile da credere che il Pierino dell'arte contemporanea, l'erede della merda d'artista, il guerrigliero delle arti visive ma anche l'artista nato povero ma non dell'Arte Povera diventato l'Italiano più caro al mondo, insomma avete capito, «lui», Maurizio Cattelan, stia per superare il mezzo secolo di vita. Come ci si sente a 50 anni? «Uguali, direi. Ma più che celebrare i 50 anni, celebro 20 anni di permanenza nello stesso mestiere, l'artista: tutti i lavori che ho fatto prima al massimo sono durati un paio di anni». In effetti Cattelan è rimasto uguale a quando c'incontravamo nel 1993 nello stesso ristorante giapponese, Shima, nell'East Village di New York dove abbiamo fatto questa intervista. Sembra geneticamente disegnato per essere un personaggio eterno da fumetti. Stesso peso, qualche capello grigio in più e anziché abiti sgraffignati oggi indossa T-shirt autoprodotte griffate Cattelan. Unica differenza: 17 anni fa anche se con fatica chi pagava il conto del ristorante ero io, mentre oggi è lui.
Come ci si sente a essere ricchi? «Ricco per me vuol dire riuscire a poter fare i miei lavori senza dipendere da nessuno, riuscire a realizzare le mie idee, dalle sculture alle riviste come Permanent Food o Toilet Paper, fresca fresca di stampa». Ma quando hai capito che con l'arte potevi davvero viverci? «Fino al 1997 qui a New York il mio budget giornaliero era di 5 dollari. Poi un gallerista dove avevo fatto un mostra mise all'asta una mia opera, gli “spermini”, le mascherine di lattice con la mia faccia che furono battuti se non sbaglio per 150 mila dollari, lui li aveva pagati credo 10 mila». Contento? «Da una parte sì, ma da un'altra trovavo assurdo che mentre io ero costretto a pane e caffelatte perché non potevo comprarmi un cornetto, c'era uno che in pochissimo tempo aveva guadagnato 15 volte quello che aveva investito».
Oggi le cose sono leggermente cambiate, le opere di Cattelan non sono così facili da avere e costano svariati milioni alle aste e sul mercato privato. Quel gallerista sarebbe stato più furbo a tenerseli gli spermini. «Inutile piangere sul latte versato».
Così senza lacrime il 21 settembre Cattelan, che è nato sotto il segno della Vergine, spegnerà 50 candeline. Il giorno dopo festeggerà San Maurizio e il 24 settembre inaugurerà la sua nuova scultura in piazza degli Affari, a Milano, Omnia Munda Mundi, titolo preso in prestito da San Paolo: Per i puri tutto è puro. Si tratta di un'enorme mano di marmo alla quale sono state segate tutte le dita escluso il dito medio che svetta nel cielo mandando al diavolo un po' tutti. Questo monumento, che piacerebbe tanto a Beppe Grillo, ha creato non pochi problemi al sindaco Letizia Moratti e al suo assessore alla Cultura Massimiliano Finazzer Flory. Ma Milano conosce bene il gioco di Cattelan sempre al limite del cartellino rosso. Nel 2004 la Fondazione Trussardi presentò i suoi tre bambini impiccati a un albero e l'opera fece il giro delle prime pagine di tutti i quotidiani.
Il monumento al «vaffanculismo» il giro dei quotidiani lo ha già fatto prima ancora che venisse realizzato, così come ha destato non poche polemiche l'ipotesi di sostituire un monumento a Mazzini durante la Biennale di Scultura di Carrara con una statua di Bettino Craxi. In questo caso l'operazione non è riuscita e Cattelan si è accontentato di mettere un cenotafio con l'effigie del leader socialista al cimitero, vicino alle tombe dei dispersi in guerra.
Quando pensi a un lavoro vuoi sempre provocare? «Assolutamente no. M'interessa che l'opera e l'arte facciano comunicazione, dicano qualcosa a cui magari la gente pensa ma non lo dice apertamente. O se lo dice non lo mostrerebbe mai con un'immagine. L'immagine esprime sempre di più delle parole: è più semplice, chiara, efficace, lascia pochi dubbi». Qualche dubbio sulla qualità di certi tuoi lavori tu però li hai? «Certo. Ci sono lavori che funzionano come opere e altri, per esempio i bambini appesi all'albero, una volta mostrati in un contesto molto preciso non funzionano più». Tu fai poche mostre in gallerie private. L'ultima è stata a New York da Marian Goodman nel 2001 con i due poliziotti capovolti. «Ecco un lavoro sul quale ancora oggi ho qualche dubbio. Sì, preferisco lavorare in luoghi pubblici più che nelle gallerie. Il lavoro deve circolare nella testa delle persone, fuori anche dal mondo ristretto dell'arte».
Di cosa hai paura? «Di essere dimenticato. Una paura che mi porto dietro dalla nascita. I miei genitori volevano tanto una femmina che quando nacqui si dimenticarono di registrarmi all'anagrafe, glielo ricordarono dai carabinieri». Paura di tornare un povero artista? «Vedi, io sono nato in una famiglia indigente. Ci facevamo il bagno in una tinozza con l'acqua calda dello scarico della lavatrice. Sono uno di quelli di cui si dice che 'si è fatto dal nulla'. Ma quando arrivi dal nulla questo 'nulla' t'insegue come un fantasma. Non importa quanti soldi uno faccia. Il terrore che questo nulla a un certo punto riesca a riprenderti è eterno. Non è paura di tornare povero, ma paura di essere risucchiato dentro lo scarico della lavatrice». Eppure sei stato proprio tu a iniziare la tua carriera d'artista scomparendo. Una delle tue prime opere furono delle lenzuola annodate a mo' di evasione con le quali ti calasti dalla finestra di un castello dove avresti dovuto partecipare a una mostra di gruppo. Addirittura alla tua prima mostra in una galleria di Bologna, la Neon, nel 1989, non sapendo cosa fare attaccasti al muro un cartello con scritto «Torno Subito». «Sì, però quando poi ho deciso di tornare non sono più andato via».
(La foto è mia, Cattelan alla Tate Modern)
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